Sotto il segno dell’Armadillo – Worldcon 2005

[Ovvero: Eliver alla WorldCon SF – Glasgow, 4-8 agosto 2005]

4 Agosto – DAY 1 (Giovedì)
Dopo un tranquillo volo Ryanair da Orio al Serio a Prestwick, arriviamo finalmente alla stazione Glasgow Central. Perso Quaglia, che si è dileguato con una ragazza locale, raggiungiamo l’Holiday Inn, a cinque minuti di passeggiata dalla stazione. Mollati anche i bagagli in hotel, ci fiondiamo allo Scottish Exibition Centre, noto anche come SECC (“essississi”) o anche Armadillo, per gli amici.

Il posto è assolutamente bestiale e superorganizzato, e il programma è fittissimo: a ogni ora ci sono almeno quindici eventi in saloni, sale e salette di tutte le dimensioni, c’è solamente l’imbarazzo della scelta.
Facciamo appena in tempo a registrarci e a prendere i badge che incontriamo il quarto membro della spedizione italiana alla Worldcon, cioè Anna dal Dan, in compagnia delle sue amiche di Clarion.
Visto che ormai si sono fatte le sette, le ragazze ci invitano a unirci a loro per cena, in un curioso ristorante asiatico lì vicino al centro congressi, lo Yen. Fuori inizia a piovigginare, una leggera pioggerella scozzese.
Il posto è affollato e rumoroso e la cena è un po’ scarsa, ma la compagnia è buona. Dopo aver chiacchierato di fantascienza e di accenti britannici, chiudiamo la serata lasciando il resto del gruppo a farsi una Real Ale al bar della Moat House, l’hotel adiacente al SECC.
Stanchissimi, ci prendiamo il nostro bravo trenino locale e ce ne andiamo a collassarci in albergo. E’ il momento perfetto per studiare il programma di venerdì, che già si prospetta una giornata memorabile. C’è la riunione dell’Eurocon, ma soprattutto c’è la sessione autografi di Alan Lee, che presenta il suo nuovo sketchbook di Lord of The Rings in anteprima mondiale. WOW!

L'armadillo5 Agosto – DAY 2 (Venerdì)
Spinti da un sano appetito dovuto a carenza di colazione in hotel (o meglio, a un solido spirito di autoconservazione, visto che la colazione in hotel costa 12£), raggiungiamo il SECC verso le 10:00 e ci lanciamo su una colazione scozzese alla caffetteria Gallery Bistro, all’interno del centro congressi, ma evitiamo di farci del male ordinando salsicce di “primo” mattino.
Abbiamo giusto il tempo di prendere un po’ di confidenza con la location e restiamo mortalmente invischiati in una chiacchierata con una tipa della WSFS, che ci racconta miliardi di cose tra cui che studia giapponese, ama i manga e che il suo nome è lo stesso di un personaggio della serie Robotech, di cui è una grande fan.
Ci sganciamo appena in tempo per riuscire a fare un giro nella Hall 2 – Exhibition Room e nella Hall 3 – Dealers Room. Ci sono un sacco di belle cose: un TARDIS a grandezza naturale, le foto degli scrittori, la collezione dei vecchi premi HUGO, un gigantesco biglietto di auguri da firmare per Robert Sheckley (che ancora non si è ripreso dalla polmonite di Kiev) e poi libri da morire, gadget della convention, costumi fantasy, draghi di pezza, zainetti a forma di Chtuhlu, orsetti di pezza a due teste e amenità varie. Giusto per non sbagliare, io e Silvio compriamo subito maglietta e felpa della Convention, prima che le taglie vadano esaurite.

Visto che alle 13:00 c’è un panel interessante, decidiamo di mangiare un boccone subito: nel mio caso, una jacked potato ripiena di un sacco di cose. Mentre sono intenta a strafogarmi, colgo con la coda dell’occhio una figura conosciuta: è Dalmazio, insieme alle sue amiche Clizia e Martina, cioè i partecipanti italiani numero 5, 6 e 7. Ci siamo quasi tutti, ormai: manca solo Selene, che arriverà sabato mattina.
Dopo una chiacchierata, gli diamo appuntamento alla sessione autografi di Alan Lee, poi andiamo a seguire George R.R. Martin, Craig Miller e un altro bel gruppetto di autori che ci raccontano le differenze tra lo scrivere per un personaggio letterario e per uno della TV. Il mistero sull’identità di ZeeZee rimane tutt’ora insoluto.

Segue la riunione della Eurocon, con i soliti noti di Helsinki più un altro po’ di gente di varie nazioni europee. Silvio presenta la precandidatura di Milano per la Eurocon del 2008, poi gli ucraini presentano la prossima Eurocon, raccontando un po’ di dettagli, tipo come non farsi fregare dai taxi dell’aeroporto, mentre i danesi e gli irlandesi si candidano per il 2007.
Riguardando il programma in un momento di noia, mi accorgo di aver già perso ben due eventi sul mio amato Doctor Who… ma il programma è così denso che bisogna scegliere, anche se a volte non è facile.
L'armadilloRecuperati gli altri, ci mettiamo pazientemente in fila, dopo aver speso ben 20£ per acquistare la nostra copia di Lord of the Rings Sketchbook (ma li vale tutti!), per farcelo autografare dal buon Alan Lee. Dopo un’oretta di fila, noi ragazze raggiungiamo the artist e, mentre Alan ci firma una pagina a piacere, i ragazzi ci fanno un po’ di foto per immortalare l’evento.
Segue una bella visita all’Art Show (in cui purtroppo era vietato fotografare, per ovvi motivi), guidati da Dalmazio che vi partecipa con quattro suoi incredibili quadri su Elric, realizzati a mano e senza nemmeno un tocco di Photoshop. Wow! Oltre ai suoi quadri vediamo qualcosa di Michael Whelan, sempre in forma smagliante, di John Howe, di Jim Burns e molti altri. Ma che prezzi!
Finiamo il giro giusto in tempo per prendere un posto nella sala grande, la Lomond, per assistere alla premiazione dei Chesley Awards per gli artisti del fantastico. A qualche poltrona di distanza da noi prende posto anche Michael Whelan, e la cosa ci fa un certo effetto: insomma, quell’uomo è praticamente un mito! Abbiamo le sue opere in soggiorno!
La cerimonia inizia con un’ora di ritardo e la povera Elizabeth Moon è costretta a intrattenere la platea raccontando alcuni simpatici aneddoti sui rapporti tra gli scrittori e gli artisti che realizzano le copertine dei loro romanzi.
La regia è un po’ scadente: le opere venivano proiettate soltanto per pochi secondi sullo schermo male illuminato, ma sono tutte bellissime. Vincono in tanti, nelle diverse categorie: non conosciamo tutti i nomi, ma alcuni ci sembrano delle nuove promesse, come John Picacio.
Sfiniti da una giornata così intensa, alla fine delle premiazioni torniamo in città e ci facciamo una buona cenetta indiana in un ristorante a buffet, molto saporito e abbastanza economico.
Dopo cena stramazziamo in albergo: pare che all’Hilton ci siano i party serali, ma siamo troppo stanchi anche per prendere in considerazione l’idea. Domani ci sono troppe cose da fare! E domenica ci sono gli Hugo!

6 Agosto – DAY 3 (Sabato)
Prima di andare al SECC passiamo all’ufficio del Turismo scozzese per prenotare un B&B a Inverness. Raggiungiamo la convention giusto in tempo per perdermi il panel delle 10:00 della giornata su The Doctor. Alle 11:00 invece c’è il panel degli scrittori che si sono dedicati a scrivere i Tie-In, i sequel e le novelization dei film e delle serie TV (Dune, X-Files, Star Wars, i vari supereroi Marvel, etc).
A me interessa sentire soprattutto Kevin J. Anderson mentre Silvio ne approfitta per agganciare Elizabeth Hand per Robot. Mentre chiacchieriamo con la Hand, KJA mi sfugge. Va bene, sarà per la prossima volta. Tanto lo becco!
Ora invece dobbiamo correre alla Lomond per il super-panel sui viaggi nel tempo: sul palco parlano Stephen Baxter, Kim Stanley Robinson e il vecchio Harry Harrison, che abbiamo già conosciuto a Fiuggi qualche anno fa. Il discorso è interessante, anche se forse un po’ troppo retrospettivo su cose già scritte dall’uno o dall’altro. Piacevole la citazione dell’episodio “Father’s day” del DrWho come esempio di valida storia sui viaggi nel tempo.
Finisce il panel ma non ci muoviamo perché a seguire, nella stessa sala, c’è l’intervista con Alan Lee.
Alan racconta a un’affollata platea la sua incredibile esperienza sul set del Signore degli Anelli di Peter Jackson, che gli è valsa l’Oscar e ben sei anni della sua vita in Nuova Zelanda. Terminata l’intervista, dopo molte domande e un lungo applauso finale, mi fiondo verso il palco e chiedo ad Alan se gli piacerebbe venire in Italia come ospite in una nostra convention, e come potevamo contattarlo. Lui sembra interessato e si offre gentilmente di darmi il suo email: è allora che mi accorgo di non avere neppure un pezzetto di carta. Meno male che Silvio accorre in mio aiuto con un biglietto da visita di seconda mano della Delos Books, e l’indirizzo è preso. Stramitico!
Ancora un po’ sconvolta dall’incontro ravvicinato, seguo Silvio alla riunione della Eurocon, che oggi prevede le candidature e le votazioni del premio Europa e della sede della Eurocon 2007. Alla fine, dopo un’interminabile votazione con foglietti bianchi e rosa per i delegati di ciascun paese, la Danimarca si aggiudica la convention con una maggioranza schiacciante. Al momento delle candidature per il premio Europa, Silvio e Quaglia decidono di candidarmi come traduttore per l’Italia, visto che di italiano non c’era nulla in lizza, ma neanche l’appassionato e trascinante panegirico delle mie poche opere da parte di Roberto può qualcosa contro il traduttore Olandese, che oltre ad aver tradotto un fantastiliardo di romanzi importanti è stato anche uno degli organizzatori della WorldCon a Den Haag. Comunque mi sono portata a casa i miei 11 voticini, che per un secondo posto non fanno schifo. Peccato, però. Un premio, anche se insignificante, forse mi avrebbe ridato un po’ di carica.
Vuol dire che andrò a vedermi Alan Lee che intervista Fangorn. Il giovane concept artist se la mena per un’ora perché ha lavorato a Hollywood con Kubrik su AI e con Spielberg su War of the Worlds. Peccato che i film facessero schifo!
Di seguito oziamo un po’ e alle 18:00 mollo tutti e corro a prendermi un posto per vedere Father’s Day. Finalmente un po’ di DrWho, accidenti! Meno male che almeno questo non è alle 10:00 del mattino…
La puntata è bella come la ricordavo, ma è resa ancora più interessante dall’approfondimento con gli autori che segue. Paul Cornell racconta che il padre di Rose è ricalcato sulla figura del proprio padre, con tutte le sue piccole manie e lavori bizzarri. Ma mentre il padre di Rose alla fine ha incontrato il suo triste destino per salvare il mondo e sua figlia, il padre di Paul ha messo su un business con i pannelli solari, ma quando ha visto l’episodio – per fortuna di Paul – non si è nemmeno riconosciuto. Un rapido sondaggio per alzata di mano mostra che quasi tutti avevano già visto the 9th Doctor, ma i pochi che non conoscevano la nuova serie (o la serie in generale) si sono detti assolutamente affascinati dall’episodio e dai protagonisti della storia. I fan americani, poi, si sono lamentati del fatto che negli USA non sono stati ancora acquistati i diritti per la trasmissione della serie, ne si prevede l’uscita dei DVD. Che dire? Per una volta c’è giustizia, al mondo. Peccato solo per la serie, che negli USA avrebbe senz’altro molto successo.
Paul ci da appuntamento per domani mattina alle 10:00 per il prossimo panel sul DrWho e tutti migriamo verso l’Armadillo, perché tra qualche ora inizia la Masquerade, cioè la sfilata dei costumi.
Visto che è già troppo tardi per tornare in città a mangiare qualcosa, decidiamo di cenare velocemente al vicino Hotel Campanile: una cena un po’ deludente ma efficace e veloce, che ci permette di arrivare all’Armadillo quando ancora sfilano le maschere. Quelle che vediamo sono molto curiose e interessanti, e ci accorgiamo subito di come sia diverso lo spirito della Masquerade rispetto alle nostre sfilate. I costumi, infatti, non cercano di assomigliare a qualcuno, quanto piuttosto di raccontare una storia originale. Simpatica la rappresentazione “Death, and death, and death by chocolate…”, in cui le incarnazioni della Morte delle diverse culture si disputano l’anima di un uomo appena trapassato.
Quando la sfilata si conclude, e mentre i giudici si riuniscono per votare, ha inizo la gara di creatività tra il team USA e quello Europeo, che giocano a vestire i due presentatori della serata, usando un mucchio di materiale vario e una macchina da cucire. Dopo venti minuti di taglia e cuci, Silvio già ronfa nella grossa e anche io comincio a dare i primi segni di cedimento. Forse è ora di tornare in albergo?
L’idea dei party all’Hilton mi sfiora l’anticamera del cervello anche oggi, ma è solo un falso contatto e non porta a gravi conseguenze. Dopotutto, ai party che contano bisogna essere invitati, e a noi non ci ha invitato nessuno. Domani ci faremo raccontare da Anna e Quaglia, che di certo non si perderanno i party più esclusivi.
A pezzi dopo una giornata faticosa ma anche piena di soddisfazioni, crolliamo in catalessi tra le braccia della morte al cioccolato, che col suo muso lungo sogghigna e sgranocchia un’altra tavoletta.

7 Agosto – DAY 4 (Domenica)
Dopo una colazione leggera con Caffè Mocha e croissant siamo pronti per la giornata più memorabile della WorldCon. Anche oggi mi perdo il panel delle 10:00 su DrWho: accidenti, sembra che l’abbiano fatto apposta a metterlo sempre così presto!
Ci consoliamo andando a sentire un panel su Lost, a cui partecipano numerosi professionisti USA della TV e Joe Haldeman. Il punto della discussione è se Lost sia reale o SF e ovviamente anche qui la risposta è che dipende da come JJ Abrams risolverà i numerosi misteri che ha creato. La sensazione generale comunque è di rassegnato pessimismo sul fatto che JJ sarà in grado di portare la vicenda a una conclusione che sia all’altezza della serie, evitando di sgonfiarsi come è accaduto a X-Files. Alla fine della discussione ci spostiamo all’Armadillo, in una delle salette del primo piano. Solo che qualcuno ha dimenticato di portare l’aria!
Il panel, con la simpatica Pat Cardigan e il prof. Sean McMullen dovrebbe incentrarsi sullo sviluppo del protagonista di una serie e su come l’avere una famiglia lo renda boring. Invece i partecipanti iniziano a tediarci su quanto non sia affatto boring essere un genitore, raccontandoci le storie dei loro pargoli. Dopo venti minuti di strazio tagliamo la corda senza ritegno (eravamo in seconda fila e non veniva bene…), e non siamo gli unici. Abbiamo una mezz’ora da ingannare tra gli stand, poi c’è il panel su Star Wars e l’universo collaterale che si è sviluppato intorno ai film (serie animate, libri, fumetti, giochi). Parla Kevin J Anderson, ma anche un certo Chris Rober-T-son: sembrerebbe l’autore dell’ultimo racconto che ho tradotto per Robot, “O One”, e mi piacerebbe conoscerlo, ma poi ci accorgiamo che il nostro è Roberson senza la T e che magari non si tratta della stessa persona.
Per evitare una figuraccia lasciamo perdere, mangiamo qualche sandwich girellando un po’, mi prenoto per il Kaffeeklatch con Kevin per le 17:00 (c’è l’ultimo posto libero!) e poi schizzo a vedere un altro bell’episodio del Dottor Who, Dalek, sempre commentato dall’autore.
Silvio invece se ne va a dare la caccia a Harry Turtledove, per fargli firmare il contratto di Dramma nelle Terrefonde, sganciargli i dollaroni e scroccare qualche autografo. Alla fine dell’episodio, molto gradito ai presenti, Shearman racconta delle difficoltà iniziali di Russell T. Davies di riportare la serie in TV, della diffidenza della BBC e di come sia stato divertente attualizzare i Dalek per renderli veramente pericolosi e non solo delle macchiette d’automa decerebrato che va in giro a dire “Exterminate!”. Così ha inserito il raggio laser sul primo braccio, la ventosa multifunzione che po’ uccidere o anche forzare le serrature, la sezione mediana rotante per poter sparare all’indietro e soprattutto la presenza di una forma di vita biologica al’interno dell’armatura metallica.
Ovviamente, il titolo Dalek (che rovina la sorpresa iniziale), è stato imposto dal, marketing per assicurarsi una audience maggiore (un po’ come “Il ritorno di Spock”, per intenderci). Peccato però!
Silvio mi raggiunge per lo Slideshow di Alan Lee, ma scopriamo che è stato spostato nell’altra sala grande, la Lomond. Schizziamo a prendere un posto comodo e in sala ritroviamo l’altra metà del gruppo, anche loro calamitati dalla magnetica quanto dimessa figura dell’artista; lo show inizia in orario, molto affollato.
Alan racconta decine di aneddoti curiosi su ciascuna immagine, dettaglio, schizzo, fotografia. Racconta che durante tutta la lavorazione della trilogia ha riempito almeno trenta album di schizzi. Anche in questo caso, purtroppo, la regia mostra tutta la sua inadeguatezza: le delicate immagini a matita si intravedono appena e i colori sono falsati, ma ci accontentiamo. Mentre sullo schermo le immagini scorrono lentamente, commentate con voce quasi sussurrata, e Silvio sonnecchia, penso a come sarebbe bello portare a Milano questo straordinario artista: tiro fuori il biglietto con il suo email e mi ripropongo di darmi da fare per realizzare il sogno. [Il mio report più dettagliato sullo Slideshow di Alan Lee lo trovate su FantasyMagazine].
Ma presto è ora di seguire il sogno numero due, cioè quello di conoscere Kevin J Anderson!
Sveglio il povero Silvio e schizzo verso la Hall 2, dove si tengono i Kaffee, per comprare il primo libro della “Saga of seven suns“, la sua ultima produzione originale di space opera. Non posso certo presentarmi al coffee a mani vuote, senza qualcosa da fargli firmare, no? Mentre faccio il mio acquisto, spero che il mattonazzo (primo di una lunga serie, già arrivata a 5) valga lo spazio che occuperà nella mia libreria. Insomma, Dune è bello, i suoi libri di X-Files sono belli, ma non ho mai letto nulla di veramente suo, dal punto di vista delle idee, intendo.
Al coffee siamo in otto e Kevin ci accoglie simpaticamente regalandoci una copia della sua newsletter, AnderZone, e facendoci scrivere i nostri dati su un taccuino per portarcela spedire a casa, in forma cartacea. Qualcuno è perplesso, me compresa: insomma, la carta??
Ma Kevin spiega che ha avuto esperienze spiacevoli di persone che prima si iscrivevano a poi si lamentavano per lo spam… che gente!!
Iniziamo ovviamente a parlare di Dune e di come lui e Brian Herbert abbiano lavorato su materiale lasciato da Frank per i prequel della serie. Kevin racconta del senso di meraviglia che ha suscitato in lui la possibilità di lavorare sul materiale manoscritto da uno dei suoi scrittori preferiti da quando era ragazzo, poi ha spiegato le modalità con cui lui e Brian si dividono il lavoro, spartendosi i capitoli e poi ricucendo tutti insieme in modo che ciascuno di loro possa lavorare sulle parti di trama per cui è più portato. Kevin predilige le parti d’azione mentre Brian è molto bravo nelle parti della trama Bene Gesserit. Una volta terminato il lavoro, ciascuno lo rilegge e lo manda corretto all’altro, fino a che la storia e la forma non si stabilizzano. Entrambi mettono le mani su tutto, dunque, in modo che non si percepiscano discontinuità. Ma ovviamente, quando qualcuno gli chiede delle parti noiose, sono quelle scritte da Brian! Gli chiedo della sua carriera di scrittore, di quando ha cominciato, di quando è diventato un professionista. Kevin racconta che ha deciso che sarebbe diventato uno scrittore a cinque anni, dopo aver visto “War of the Worlds” di HG Wells: per settimane aveva riscritto le scene che gli avevano fatto più paura e destato meraviglia. Ha venduto il suo primo racconto quando era ancora alla scuola superiore: era un racconto fantasy in cui una sfilza di cavalieri si affollavano per affrontare un drago e vincere tesoro e principessa, ma un ragazzino mingherlino, dopo che il drago li ha divorati tutti, riesce a ucciderlo con facilità a causa della sua lentezza e così si becca tesoro e principessa.
Ha scritto molti racconti, poi il primo romanzo, quindi i romanzi Tie-in di cui ci ha raccontato nel panel precedente, fino ad arrivare a oggi, a Dune e alla Saga of Seven Suns. Racconta con ilarità il momento in cui ha deciso di lasciare il lavoro per fare lo scrittore a tempo pieno: per fortuna sua moglie (Rebecca Moesta, anche lei scrittrice e con oltre 30 romanzi pubblicati) lavorava per la sua stessa azienda e ha continuato a farlo per qualche anno, in modo da garantire alla famiglia l’assicurazione sanitaria. L’idea di essere investito da una macchina e di essere gettato a pezzi sul bordo della strada perché senza assicurazione non gli garbava in modo particolare. Inoltre è stato allora che si sono trasferiti in Colorado, dove la vita costa molto di meno.
Uno dei partecipanti gli ha chiesto di commentare la differenza tra le copertine USA e UK della Saga of Seven Suns e Kevin ha commentato che le copertine UK sono più di classe ma chiaramente di fantascienza, mentre quelle USA sono più adatte ad attirare anche gli appassionati di fantasy, in modo da avere una grande fetta di lettori in più.
Racconta dei due diversi illustratori e del mondo in cui lavorano per la realizzazione delle copertine, poi racconta di quella volta che ha chiesto al suo amico Bob Eggleton di realizzarne qualcuna. Bob non faceva che lamentarsi perché ormai è così famoso che nessuno lo chiama più per farlo lavorare, perché pensano che tanto costa troppo e non se lo possono permettere. Kevin ci invita simpaticamente a non commettere lo stesso errore e a imparare a chiedere, restando comunque aperti alla possibilità di un rifiuto. Colgo la palla al balzo per una battuta servita su un piatto d’argento: “Ci vieni in Italia se ti invitiamo?” Insomma, ha detto di chiedere e io ho chiesto! 😀
Gli spiego velocemente della Italcon, elencando gli scrittori che sono già stati ospiti a Fiuggi. Kevin sembra decisamente incuriosito dall’idea, e appena il coffee si conclude, con qualche puntualizzazione sulla differenza di ritmo tra il primo sequel delle Houses e il secondo della Jihad, mi offre gentilmente la sua business card, pregandomi di contattarlo nella maniera più assoluta. Io gli dico che lo faremo senz’altro e che spero proprio che i suoi molti impegni gli permetteranno di venire. Poi mi autografa il libro e ci salutiamo molto cordialmente. Torno da Silvio trotterellando per la felicità e la missione appena conclusa, e gli racconto tutto per filo e per segno. E’ così un altro potenziale ospite è nel sacco! Yeah!
Nel corridoio ritroviamo Dalmazio, che aspetta le sue amiche, e si unisce a noi anche Selene (che è arrivata ieri ma che abbiamo visto molto poco). Anna non si vede e Quaglia… beh, sarà da qualche parte con il fido Ian Watson. Sgranocchiamo qualcosa tra le chiacchiere, poi ci muoviamo, finalmente al completo, verso l’Armadillo per prenderci dei posti buoni per la cerimonia dei Premi Hugo.
Quando arriviamo però la sala non è ancora aperta: apre alle 19:00 quindi c’è da aspettare fuori una ventina di minuti: ci mettiamo britannicamente in fila, per entrare per primi, mentre un usciere bizzarro ci spiega che i posti sono assegnati fino alla fila P, che è la prima libera per i fan. Il tempo passa rapidamente tra le chiacchiere e alle sette in punto ci schieriamo al centro della fila P, pronti ad assistere alla cerimonia di premiazione e a scattare un po’ di foto, anche se un po’ da lontano, Teniamo un posto anche per Anna, ma la nostra amica non si vede fino all’inizio dello show, e a quel punto smettiamo di aspettarla.
I due conduttori della serata sono dei tipi abbastanza buffi, che impostano la presentazione come se si trattasse di un evento di fantascienza alternativa, in cui il premio Hugo è dedicato al grande scrittore francese di fantascienza Victor Hugo, padre del genere. La commedia surreale dei due va avanti per un po’, poi finalmente la cerimonia di premiazione ha inizio davvero. Il tono generale è da Academy Awards, e i premiati si susseguono sul palco a ritirare il premio Hugo, che quest’anno ha una base in stile art decò, ispirata all’opera del grande architetto Charles Rennie Mackintosh di Glasgow, da cui è stata tratta tutta l’immagine coordinata dell’evento InterAction.
I premianti, sempre importanti e simpatici, introducono la categoria con un breve discorso e i premiati ringraziano leggendo un mini elenco di nomi. Qualcuno, più spontaneo come Charles Stross, si presenta sul palco col kilt tradizionale scozzese e ringrazia a braccio per il premio, raccontando che ha indossato il kilt per via di una scommessa fatta con la moglie: se fosse stato nominato per l’Hugo, sarebbe salito sul palco con il kilt, e così ha fatto. Vediamo George R.R. Martin, China Mieville (“A work of art himself), Kim Stanley Robinson, Christopher Priest e Alan Lee tra i premianti e per i vincitori pregasi consultare il Corriere della Fantascienza.
Oltre a Stross, premiato per The Concrete Jungle, quel racconto un po’ noioso che ho letto da poco per Viviani, ricordo Ellen Datlow, Jim Burns per le illustrazioni e David Langford che si è intascato ben due statuette. A parte questi, gli altri non li conoscevo o non erano così famosi da ricordarseli senza un elenco, e l’elenco ora non ce l’ho sottomano.
A cerimonia conclusa – la più breve della storia dei premi Hugo, con soli 1 ora e 25 minuti – i vincitori si mettono in posa per la foto di gruppo e noi ne approfittiamo per scattarne qualcuna, sopra un mare di teste, per il nostro report sul Corriere della Fantascienza.
E poi… tutti in città per i party all’Hilton, questa volta sul serio
!
Passiamo rapidamente in hotel per renderci presentabili, poi passeggiamo fino all’Hilton che è a un solo isolato di distanza. Il primo piano, che si affaccia sulla lobby con una curiosa terrazza interna circolare, è affollatissimo di fan che chiacchierano e bevono. Il primo appuntamento è al bar, con due belle pinte di Real Ale, che presto si rivela per quella che è: birra tiepida e un po’ sgasata. Dal bar riusciamo ad are una sbirciatina alla dining room, dove tutti gli ospiti della convention sono riuniti a festeggiare gli Hugo con una sontuosa cena. I fan invece si distribuiscono tra la terrazza e le numerose salette dei party offerti dalle città che organizzano un bidding per le future WorldCon. Offrono biscotti, patatine, qualcosa da bere e un piccolo adesivo promozionale da attaccare sul badge della convention.
Quando incontriamo Selene e Quaglia, pochi minuti più tardi, scopriamo che Roberto ne ha già una collezione assai nutrita, per aver frequentato assiduamente i party dai giorni precedenti,. Poco dopo troviamo anche Anna, ma è troppo impegnata in una conversazione privata con un’amica, così decidiamo di non disturbarla.
Dopo aver scroccato tre nachos in una stanzina troppo affollata e con poca aria (è il parti russo texano… Fantascienza!!) io inizio a dare i primi segni di insofferenza: è inutile stare in mezzo a una folla di fan se tutti gli ospiti sono chiusi in una sala privata, accidenti!
Ma per fortuna qualcuno piano piano scivola fuori tra il volgo della SF: individuiamo Chris Roberson, che questa volta non ha più la T (ma la faccia è la stessa) e quindi ci precipitiamo a presentarci. Lui si ricorda di Robot e chiacchieriamo per qualche minuto del suo racconto che ho tradotto e altre banalità, tipo che molti scrittori di fantascienza nella vita lavorano per aziende informatiche. Lui ha lasciato l’azienda per cui lavorava (la Dell?) con un ultimo memo che è rimasto nella leggenda, poi ha messo su una publishing house, la Monkey Brain.
Qualche minuto più tardi ci raggiunge un suo amico, che tra parentesi è John Picacio: simpaticamente ce lo presente e ci congratuliamo con lui per il Chesley Award, scherziamo sul fatto che la persona che lo ha premiato non riuscisse a pronunciare il suo cognome. Poi però i due iniziano a chiacchierare e noi li lasciamo in page, raggiungendo Quaglia, che da quando ha perso la testa per Cecilia Darth Thornton non è più lo stesso, Con lui ci appostiamo a ciondolare vicino all’ingresso del salone privato, sperando (lui) di vedere Cecilia. Invece dopo qualche minuto passano Kevin e signora, che si apprestano a lasciare la festa: lui, che si ricordava di me, si avvicina dicendo alla moglie che io ero la tipa italiana di cui le aveva parlato, e scherza sul fatto che la moglie lo ha praticamente costretto ad accettare il nostro invito, visto che lui non è mai stato a Roma. Colgo l’occasione per rimarcare che ci piacerebbe molto ospitarlo, ma a qualto pare stiamo sfondando una porta aperta. Quaglia ci scatta qualche foto insieme a loro e anche Silvio si presenta, chiacchieriamo per altri due minuti poi li lasciamo andare, dandoci appuntamento a presto in Italia. A quel punto, soddisfatti per le nostre due conquiste (tre con Picacio), io e Silvio riprendiamo la via dell’albergo, lasciando la serata a degenerare senza di noi. In realtà siamo veramente a pezzi e l’umore comincia a farsi un po’ triste, perché domani mattina è l’ultimo giorno e poi la nave Armadillo salperà verso le stelle. 8 Agosto – DAY 5 (Lunedì)
Dopo aver pressato tutti i nostri acquisti nelle valige – accorgendoci di avere almeno 1/3 di bagaglio in più tra libri, materiale della convention, magliette, etc – passiamo velocemente in città per comprare un paio di scarpe nuove (a furia di camminare, le mie povere scarpe hanno dato forfait), poi facciamo un ultimo giro al SECC. Salutiamo qualche amico, lasciamo una copia di Robot a China Mieville in cambio del suo indirizzo email, scattiamo le ultime fotografie. Alla Dealer’s Room ci sono i saldi, ma siamo troppo carichi per comprare altro.
Sono un po’ triste che sia tutto finito, il tempo è volato ma è stata un’esperienza indimenticabile e ora ci aspetta il resto della vacanza, un bel giro per la Scozia.

Poi inizieremo a pensare alla WorldCon di Yokohama, nel 2007!