Welcome to the Maze

Una porta di plastica riciclata arancione si apre davanti ai nostri occhi e un essere a metà tra un uomo e un cane ci si para davanti, la lunga lingua bluastra che gli penzola leggermente fra i lunghi denti canini.
– Siete qui per vedere il Kranio, vero? – biascica, sbavandosi sulla maglietta strappata. – Niente da fare, il capo ha da fare e non ha tempo da perdere con tipi come voi… –
Il nostro accompagnatore, un agente privato della Steel che abbiamo pagato profumatamente per vigilare sulle nostre miserabili pelli, ci guarda e con un gesto ci intima di tacere. Quindi si sporge in avanti oltre la soglia della porta e agguanta senza tante cerimonie il canide per gli stracci che indossa.
– Senti Cane, non rompere il cazzo come tua abitudine, – gli sibila in un orecchio cascante, maculato bianco e nero. – Questi sono ospiti di riguardo, hai capito? Di’ al Kranio che gli inviati della Union Press sono qui per il servizio sul suo nuovo locale… Fila! –
E con uno scossone spedisce il malcapitato Cane dal suo capo, mentre con un gesto cerimonioso ci invita a seguirlo all’interno del locale, il Maze.
L’atmosfera all’interno è satura di fumo di tabacco sintetico: respirare è impossibile per chi non indossa i filtri nasali, ma fortunatamente il nostro agente ci ha munito di tutti i comfort necessari per la nostra missione nelle viscere della Periferia e grazie a questo possiamo permetterci il lusso di guardarci intorno.
Ci rendiamo conto con una punta di rammarico che le nostre telecamere olografiche saranno perfettamente inutili in quel luogo e ci rassegniamo a scattare qualche semplice foto a colori. Il locale è arredato con mobili di plastica riciclata, bidoni per scorie radioattive e qualche raro pezzo di vero fintolegno, tra cui l’ampio bancone del bar e alcuni séparé annidati nell’ombra sul fondo del locale.
Seminascosta all’interno di uno di essi, scorgiamo la sagoma di una ragazza che pare armeggiare con alcuni oggetti metallici, posati sul tavolino davanti a lei. Ha una gamba vistosamente ingessata e notiamo una stampella in lega leggera appoggiata sul muro dietro di lei. Visto che apparentemente non è in grado di svignarsela velocemente, decidiamo che sarà proprio da lei che incominceremo la nostra serie di interviste sulla fauna locale.
La nostra guardia del corpo ci dà il via libera con un cenno del capo e ci avviciniamo lentamente, ostentando i badges colorati che ci identificano come addetti stampa della Union Press, la maggiore testata giornalistica della City.
– Permette qualche domanda, signorina? –
– Signorina dillo a tua sorella… – risponde la ragazza senza neppure sollevare lo sguardo da ciò che le tiene occupate le mani. Ci basta un’occhiata per capire che quello che vediamo sul tavolino coperto di incisioni altro non è che il corpo di una pistola d’assalto Smith&Wesson ordinatamente smontato e pronto per una manutenzione straordinaria. Questo ci basta per capire che ci conviene cambiare il tipo di approccio alla nostra vittima, se vogliamo ottenere da lei qualcosa di più che qualche risposta sdegnata.
– Bel cannone, sorella! Smith&Wesson d’assalto con corpo corazzato e multicaricatore… Ha anche il mirino IR? – attacca uno di noi, particolarmente appassionato di armi da guerra.
– Certo che ce l’ha, è l’ultima versione prodotta quest’anno… –
La ragazza comincia a rimontare silenziosamente la sua pistola, con la cura amorevole di una madre con il suo bambino. Il calcio si innesta con un click metallico sul corpo principale, seguito dalla canna nera e lucida di grasso.
– Beh, che volete? Non vedete che ho da fare? –
Solleva lo sguardo e i suoi occhi incrociano i nostri: ha un occhio marron-verde e uno azzurro cielo, il colore più di moda per gli impianti visivi Canon-Cam. La pupilla sintetica si allarga per registrare le nostre facce in quella scarsa luce, mentre l’altra ci osserva con annoiata tolleranza.
– Come ti chiami? – le chiede un altro di noi.
– Maggie. – risponde lei, mentre riprende a rimontare la sua pistola.
– Maggie, vieni spesso qui al Maze? –
– Che domanda idiota… Io qui ci vivo. Lavoro per il Kranio… – risponde Maggie, con aria di superiorità, come se le sue mansioni in quel posto fossero di grande importanza e le conferissero un rango superiore a quello dei comuni mortali.
– Che lavoro svolgi per il Kranio? Sei una guardia del corpo? – chiediamo. Da quello che abbiamo potuto vedere di lei, questa Maggie non è certo una delle ragazze che si dimenano a suon di musica all’interno degli olocubi sparsi qua e là nel locale. L’unico occhio cibernetico le conferisce uno sguardo freddo e sinistro.
– Ma siete davvero dei giornalisti o siete solo degli stronzi capitati qui per caso? – un sorriso malizioso le fiorisce sulla bocca e improvvisamente realizziamo quanto sia bella la ragazza che abbiamo davanti. I corti capelli bruni e le labbra rosse e generose le conferiscono un’aria da bambina imbronciata che stona in modo feroce con il suo abbigliamento e il suo modo di fare così duro.
– Sono un killer, il killer personale del Kranio per essere precisi… –
Mentre digeriamo quella notizia a dir poco sconcertante, il nostro agente ci si avvicina e ci fa cenno di seguirlo nel retro del locale.
E’ arrivato il momento di conoscere il padrone di casa, il Kranio.

Cane, lo smilzo mutante, ci conduce attraverso un corridoio umido e male illuminato, nel quale si susseguono tante porte tutte uguali e tutte malandate. Si ferma davanti a una porta più grande e bussa energicamente con la sua mano scheletrica. Una voce metallica risponde dall’interno.
– Chi è che rompe? Sto lavorando! –
– Capo, sono io, Cane. Ci sono qui quelli della Union Press. Oggi è il giorno dell’intervista, ti ricordi?-
– Certo che mi ricordo. – risponde il Kranio.
La sua voce ci sembra quella dei robot di prima generazione, fastidiosamente artificiale e distorta, ma si sa che questi personaggi sono sempre eccentrici e non ci stupiamo più di nulla.
– Venite dentro! – aggiunge.
Cane spinge la porta e ci fa entrare, trattenendo fuori l’agente Steel.
– Tu no… –
Il Kranio ci accoglie seduto a un’imponente scrivania che pare di vero legno. Nella scarsa luce vediamo un uomo di grossa corporatura, forse un tempo addirittura muscoloso ma ora solo abbondante e flaccido. La sua testa è quasi calva e una placca di titanio sostituisce parte della sua calotta cranica. Ha un viso crudele e aggressivo, occhi scuri affondati nel grasso e un vistoso doppio mento.
– Buonasera. Benvenuti al Maze, il mio nuovo locale. Spero che l’accoglienza sia stata di vostro gradimento… – Più che una frase di circostanza ci pare una velata minaccia e non ce la sentiamo di dire di no.
– Ma certamente! –
– Complimenti per l’arredamento, molto originale! –
– Grazie. –
Il Kranio sorride, una specie di ghigno malefico, e distrattamente si passa una mano sulla testa come per controllare che la placca sia ancora al suo posto.
-Allora? Cosa volevate chiedermi? – domanda poi, impaziente.
Finalmente abbiamo il permesso formale di incominciare la nostra intervista. Non ci speravamo quasi più e ci buttiamo a capofitto.
– Ci dica qualcosa del suo locale. E come mai l’ha chiamato “The Maze”? –
Un sibilo leggero pervade l’aria e la sedia su cui è seduto l’uomo comincia a fluttuare verso di noi: si tratta certamente di una sedia dotata di dispositivo anti gravità, uno scherzetto da almeno cento milioni di nuovi yen. Le gambe del Kranio, sottili e immobili, sono visibilmente sproporzionate rispetto alla mole del suo corpo. Non sapevamo che fosse paralitico ma facciamo finta di niente: non vogliamo assolutamente irritarlo. Ha la fama di essere un uomo tutt’altro che tenero nel giro.
– Il mio locale, eh? Beh, avevo un bellissimo locale una ventina d’anni fa, prima che quel bastardo giallo di Nakamura, che il diavolo si prenda la sua anima, mi combinasse questo scherzetto – batte una mano sul bracciolo della sedia – e gli desse fuoco. Si chiamava Smoke e ci veniva gente da tutta la City. Gente di un certo tipo, gente importante! Una volta venne persino l’amministratore delegato della BioGen con tutta la sua squadra di tirapiedi… E’ da allora che sognavo di rimettere su un locale, un posto cult, il cui nome fosse sulla bocca di tutti. Così ho messo su il Maze. Perché l’ho chiamato così? Mah, diciamo che è per il disegno sul pavimento, quello strano labirinto circolare. Non l’avete notato? Era già qui quando ho comprato il fabbricato… Mi piaceva e me lo sono tenuto! –
Una risata roca e stonata prorompe dal sintetizzatore vocale del Kranio provocando un fastidioso fischio dell’altoparlante.
– Una storia davvero originale. E bisogna dire che il fama del suo locale si sta spargendo a macchia d’olio nella Periferia. La gente viene soprattutto per le bistecche di alghe. Possiamo chiederle chi gliele fornisce o è un segreto professionale?-
– Oh, ve lo direi volentieri ma non mi occupo personalmente degli approvvigionamenti: dovete parlare con Andy. Chiedete a Cane di indicarvelo quando uscite… –
– Ci dica qualcosa della ragazza che abbiamo incontrato poco fa, Maggie. Ha detto di essere il suo killer personale. –
Un lampo d’ira illumina gli occhi del Kranio. Evidentemente abbiamo toccato un tasto sbagliato.
– Cosa volete sapere su di lei? – ringhia l’uomo. – Maggie per me è come una figlia! L’ho raccolta dalla strada quando aveva poco più di due anni e da allora è sempre stata la mia bambina. Non vi immischiate, sporchi ficcanaso!! –
Il suo scatto ci coglie assolutamente impreparati e cerchiamo immediatamente di calmarlo.
– Ci perdoni, non intendevamo essere indiscreti. La nostra era solo curiosità… Ci chiedevamo solo cosa se ne facesse di un killer un uomo come lei. –
– Sono un uomo d’affari e oggi tutti gli uomini d’affari hanno una guardia del corpo. Maggie è la mia guardia del corpo personale ed è anche dannatamente in gamba. Dovreste vederla sparare! –
E’ quasi commovente vedere come il suo sguardo si raddolcisce quando parla della ragazza: anche gli uomini più duri hanno un punto debole.
– Un’ultima domanda, se permette. Il suo assistente, quel tipo magrissimo con la faccia da cane…. –
– Sì, Cane… allora? –
– Allora, è nato così o lo ha fatto modificare lei per avere l’assistente più kitsch dell’intera Periferia? –
Il Kranio sembra riflettere per qualche secondo poi risponde:
– Chiedetelo a lui. E ora non ho altro tempo da perdere con voi, quindi levatevi dai piedi! –
Evidentemente il tempo per la nostra intervista è scaduto senza che ce ne accorgessimo.

Appena varcata la porta verso il corridoio ritroviamo Cane che ci attende insieme all’agente e il nostro gruppo si dirige rapidamente verso l’interno del locale. Il volume della musica è cresciuto e anche la folla, rendendo difficile la conversazione.
– Cane, possiamo farti qualche domanda? –
– A me? E che ve ne frega di uno come me? – risponde, biascicando leggermente.
– Ci serve per il servizio sul locale. Sei una delle attrazioni principali… –
Siamo consapevoli di lusingarlo, anche se forse stiamo esagerando un po’, ma le nostre lusinghe sortiscono sul mutante l’effetto voluto e la sua lunga lingua scura si scioglie come grasso sul fuoco davanti all’illusione della fama.
– Oh, davvero? Cavolo… non lo sapevo mica! – sorride in modo disgustoso, snudando gli enormi canini bianchi da dobermann che normalmente gli spuntano dalle labbra. – Cosa volete sapere? –
– Beh, parlaci del tuo aspetto. E’ una trovata pubblicitaria o eri già così prima di lavorare per il Kranio? –
La domanda lo mette in difficoltà. Lo vediamo che pensa e ripensa, come se qualcosa gli sfuggisse.
– Beh… Credo che fossi così già da prima. Almeno… delle macchie sono sicuro, quelle c’erano da quando sono nato… e anche la lingua. I denti, no… quelli me li sono comprati da poco e li ho anche pagati un sacco di soldi… ma sono belli, vero? Le orecchie me le sono fatte allungare un po’ di tempo fa, quando ancora surfavo nella Virtual-Rete… Ero un virtual-surfer, sapete? Ma adesso non surfo più perché mi si è fuso l’innesto – Con una mano scosta i corti capelli scoprendo la zona dietro l’orecchio sinistro, mettendo a nudo una porta jack annerita e un po’ unta. – Stavo pensando di innestarmi una bella coda appena metto insieme abbastanza grana. Ne ho visto una fantastica con venticinque vertebre, mobilità totale garantita e colore personalizzabile. Pensate che mi donerebbe? –
Questo tipo è già così strampalato che una coda in più non recherebbe alcun danno alla sua immagine, anzi lo renderebbe ancora più kitsch di quanto non sia già. Decidiamo di dargli un po’ di soddisfazione.
– Certamente! Una bella coda lunga ti starebbe davvero bene… facci sapere quando te la fai impiantare che veniamo a vederla, ok?-
Cane è felice come una pasqua: non deve essere abituato ad avere tanta considerazione: se avesse già la coda scodinzolerebbe senz’altro come un pazzo. Speriamo che non decida di leccarci la faccia!
– Ora ci puoi presentare Andy? Richiesta del Kranio, per le bistecche d’alghe… –
Il mutante fa una piccola smorfia scontenta.
– Mi dispiace, stasera Andy non c’è… è andato a fare una consegna. Però posso farvi parlare con l’Ebreo, il nostro virtual-surfer. E’ un grande stronzo ma nel suo campo dicono che sia il migliore. –
Accettiamo nostro malgrado. Se non riusciamo ad avere notizie sulle bistecche almeno riusciremo a sapere di più sulla gente che lavora per il Kranio e questo non ci dispiace affatto. Nel frattempo il nostro agente privato si sta facendo un drink al bar a nostre spese, osservandoci da lontano con discrezione.
L’Ebreo è seduto al bancone del bar e sorseggia lentamente un drink nell’aria fumosa. Ci avviciniamo scortati da Cane, con i nostri badges della Union Press bene in vista. Prima che Cane apra bocca l’uomo esclama:
– Cane, levati dalle scatole! Sento già la tua puzza… –
Cane si fa piccolo piccolo e si allontana.
Solo a quel punto l’Ebreo si gira verso di noi.
-Giornalisti, eh?- esclama, squadrandoci dalla punta dei piedi a quella dei capelli. Data la sua mancanza di tatto ci sentiamo autorizzati a fare altrettanto e lo fotografiamo senza chiederglielo. Il flash illumina il locale per un attimo come una piccola esplosione evidenziando il nostro interlocutore. E’ un uomo di circa trent’anni, non molto alto né particolarmente muscoloso, con i capelli scuri e gli occhi scuri. Il suo naso, un po’ troppo lungo e affilato, dà al suo viso un’espressione molto particolare.
– Union Press. Siamo qui per fare un servizio sul nuovo locale del Kranio. Possiamo farle qualche domanda? –
L’Ebreo ci rivolge un’occhiata con aria di sufficienza poi annuisce.
– Ci hanno detto che lei lavora qui come virtual-surfer… Ci tolga una curiosità: a che serve un surfer in un locale notturno? –
L’uomo sbadiglia. Forse lo stiamo annoiando o forse è solo assonnato.
– Lei vedete quelle consolle laggiù? – indica il fondo del locale. Attraverso la spessa cortina fumogena che ammorba l’aria non si vede quasi nulla. – Sono virtual-terminal che mettiamo a disposizione dei nostri clienti in modo che possano accedere alla Rete quando vogliono. Ormai tutti i locali alla moda ne hanno almeno uno… Beh, io mi occupo di tenerli in ordine. –
In quel momento la ragazza con la pistola, Maggie, si avvicina. L’Ebreo la guarda come se la volesse mangiare con gli occhi, ma dice solo: – Che vuoi? Non lo vedi che ho da fare? – con tono acido e nervoso.
– ‘fanculo, Ebreo! Il Kranio ti vuole parlare… credi che altrimenti mi sarei scomodata a venire sino a qui e rivolgerti la parola? –
– Naaa… figuriamoci! La gran signora non si può scomodare per così poco… –
– Stronzo… –
– Puttana… –
I due paiono recitare un copione ormai consunto in cui nessuno dei due crede più da tempo. Anche occhi poco esperti come i nostri riescono a vedere l’attrazione che i due hanno l’uno per l’altra, che viaggia su quelle battute come corrente ad alta tensione.
L’Ebreo si alza e se ne va verso il retro del locale senza nemmeno salutarci e il nostro agente coglie quel momento per tornare da noi. Indica una volta il suo orologio poi l’uscita del locale; le sue parole si perdono nel frastuono ma il labiale è chiaro.
– Andiamo. E’ ora… –

La nostra escursione nella Periferia è terminata e al giornale ci aspettano per mettere on-line il nostro articolo. La nostra auto è ancora là fuori che ci aspetta: il driver, una flessuosa donna di colore, ci apre gli sportelli dall’interno e parte a tutta velocità verso i confini della City. Il nostro lasciapassare scade alle tre del mattino ed è consigliabile essere già fuori per quell’ora: le pattuglie della Polizia Urbana prima ti sparano addosso poi ti chiedono i documenti e il giornale ha pagato sin troppo alla Steel per aggiungere quattro gomme nuove al conto.
Mentre il driver sfreccia per le strade male illuminate, ripensiamo alla serata appena trascorsa, ai personaggi incredibili che abbiamo conosciuto al Maze e a quel che ci hanno detto. Tutte menzogne, ovviamente, ma ben raccontate.
Infatti il Kranio è noto per essere uno spietato capobanda che controlla dal Maze tutta una serie di attività criminali che a lui fanno capo quali traffico d’armi, di droga, sfruttamento della prostituzione, furti e pirateria informatica, omicidi su commissione e altre amenità.
La sua copertura come gestore del Maze è davvero perfetta. La sua recita avrebbe messo nel sacco chiunque non lo conoscesse bene come noi e anche i suoi fedelissimi non sono stati da meno.
La giovane Maggie infatti è il più quotato killer a pagamento della Periferia e ha alle sue spalle una carriera che conta già più di quaranta omicidi; Cane, lo strampalato tirapiedi del Kranio, si occupa personalmente di tutti quelli che non pagano la protezione ed è il principale referente dei trafficanti di droga della zona; l’Ebreo poi altri non è che Joel Hausmann, una figura ben nota alla sezione anti-hackers della Polizia Urbana per aver saccheggiato centinaia di progetti e programmi dalle banche dati militari e delle Multinazionali.
Ma come sempre nessuno ha le prove di tutto ciò e il Maze continua a essere il locale più in di tutta la Periferia, alla faccia della Polizia urbana e perché no, anche alla faccia nostra.
© Elisabetta Vernier – 1997/2006

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